Le aziende stanno richiedendo un cambiamento del proprio asset comunicativo? Con quali modalità?
L’attenzione alla responsabilità sociale e alle tematiche ambientali non è più un’opzione per i brand, ma un parametro imprescindibile per competere a ogni livello, oltre che un dovere etico. Tutta la comunicazione ne è permeata in modo organico: dal digitale al punto vendita il viaggio del consumatore è sempre più verde e “oltre” il prodotto, orientato verso una percezione del brand come entità attiva nella società e nella comunità. Le modalità di comunicazione delle aziende, nella nostra esperienza, sono di massima lealtà: prima si fanno le cose responsabili ed ecosostenibili, poi le si comunica con precisione e senza enfasi. Meglio anzi ammettere una debolezza che nasconderla, meglio dichiararsi un filo meno di quel che si è, piuttosto che fare annunci. In un’epoca in cui le persone sono attente e costantemente alla ricerca di informazioni e approfondimenti, le aziende sono consapevoli del fatto che essere trasparenti e autentici è ormai imprescindibile, pena la perdita di fiducia da parte del proprio pubblico.
In che modo si è riuscito a comunicare in un periodo di pandemia? Che difficoltà si sono incontrate sui diversi fronti merceologici? Si può essere originali e creare interesse intorno a iniziative differenti dalla nuova consuetudine?
Come sempre le crisi svelano le opportunità. Dal silenzio quasi insostenibile dei lockdown, dove cantare sui balconi sembrava l’unica comunicazione possibile, la creatività ha trovato nuove forme di espressione. Il boom digitale con la conseguente alfabetizzazione forzata di intere categorie di consumatori ha aperto nuovi scenari, dove dapprima ci si è mossi con cautela, poi man mano si è potuto procedere sicuri e in modo innovativo. Certo, alcuni settori merceologici hanno sofferto più di altri, anche in comunicazione. Noi per esempio conosciamo bene il settore dell’industria ceramica delle piastrelle. Senza cataloghi ed espositori fisici sembrava che il mondo finisse, invece le aziende hanno saputo reinventarsi nel digitale e nel video, creando contenuti che, se non fosse intervenuta la pandemia, forse avrebbero impiegato più tempo per affermarsi. L’originalità autentica, non ricercata a ogni costo, ma strutturale al posizionamento del brand, paga sempre.
In che modo le agenzie possono dialogare con efficacia con gli utenti rispettando i valori e le aspettative dei brand? Quanto è difficile oggi comunicare con dei target sempre più eterogenei, considerando il notevole aumento delle piattaforme social?
L’agenzia deve sempre saper trasmettere i valori del brand, anche negli scenari più mutevoli, se no è meglio che faccia altro. La sfida aperta già da tempo dal digitale, in questo anno ha subito una accelerazione vorticosa e quando si va veloce è difficile distinguere i territori e i particolari: ciò che sembrava consolidato fino a ieri, oggi è già obsoleto. Di fronte alla molteplicità dei canali e degli interlocutori, l’agenzia deve diventare moltitudine, come diceva il poeta. Ossia aprirsi alle competenze più disparate, incrociare i saperi e le abilità, rinnovare le esperienze e le visioni seguendo l’unica Stella Polare possibile: il brand del cliente.