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Giuseppina Sabbarese

Creative Director & Partner Sfera Communication

Le aziende stanno richiedendo un cambiamento del proprio asset comunicativo? Con quali modalità?

La comunicazione cambia continuamente nella forma e nella sostanza, evolvendosi con i suoi target. È liquida come la società, perché è ad essa che parla. Una comunicazione ingabbiata in forme canoniche e disattenta al mondo reale, diviene inverosimile e controproducente. Lo stravolgimento improvviso che tutti i settori merceologici hanno subito quest’anno, però, non è stato un cambiamento naturale ma una trasformazione imprescindibile data da abitudini, linguaggi, relazioni e fruizioni completamente sovvertiti. Ora i brand devono scegliere: cambiare soltanto perché obbligati dal contesto o evolvere insieme alla comunicazione per essere credibili. La sostenibilità, ad esempio, è un tema urgente e necessario ma non tutte le marche possono e devono trattarlo allo stesso modo. Bisogna sempre tener presente la promessa che mantiene viva la relazione con il target. Le modalità possibili per un reale cambiamento, quindi, sono due: coerente o non coerente. E coerente va di pari passo con credibile. In un mondo così disincantato – e in un momento così delicato – essere coerenti e credibili potrebbe sembrare complesso ma in realtà non lo è: basta seguire l’idea. Perché un’idea creativa, quando è buona, coglie sfumature e insight, abitudini e necessità della società e del tempo in cui si contestualizza. Ne capisce i linguaggi e li fa suoi, dando vita al progetto giusto sul mezzo di comunicazione più idoneo all’esigenza del brand. O magari un mezzo nuovo, che non esiste o che raramente viene usato per fare pubblicità, un mezzo preso in prestito da altri mondi, dall’architettura, dall’ingegneria informatica, dal design. Forse dovremmo cambiare questo: l’approccio alle esigenze dei nostri clienti, siano essi aziende o consumatori.

In che modo si è riuscito a comunicare in un periodo di pandemia? Che difficoltà si sono incontrate sui diversi fronti merceologici? Si può essere originali e creare interesse intorno a iniziative differenti dalla nuova consuetudine?

Sì, si può essere originali pur trattando tutti lo stesso argomento, gli stessi valori, pur vivendo tutti lo stesso scenario. E si può fare sicuramente cambiando i mezzi ma soprattutto modificando il modo di concepire la relazione con il target. La difficoltà maggiore, in ogni settore merceologico, in questo anno così duro, è stata proprio quella di incontrare il target. La live communication, come sappiamo, ha subito l’impatto più forte, ha dovuto reinventarsi completamente cercando di non perdere uno dei suoi plus più importanti: il contatto fisico. Questa è stata la sfida più grande ma credo che abbia insegnato qualcosa a tutti noi, agenzie e aziende: c’è sempre un’altra strada altrettanto valida. A noi il compito di trovarla. Così siamo riusciti a comunicare creando progetti di branded entertaiment, campagne a servizio delle persone, progetti di pubblica utilità, e brand e target non sono mai stati così vicini. La comunicazione non può e non deve essere la replica – o la pantomima – della realtà: deve essere ambientata nella realtà ma deve migliorarla, evolverla, dando soluzioni o semplicemente svago, relax. E questo vale sempre, non soltanto in tempi di pandemia.

In che modo le agenzie possono dialogare con efficacia con gli utenti rispettando i valori e le aspettative dei brand? Quanto è difficile oggi comunicare con dei target sempre più eterogenei, considerando il notevole aumento delle piattaforme social?

Il tema della brand reputation è fondamentale, da sempre, non solo da quando comunichiamo sui social. Tutto deve concorrere a costruire l’identità di brand e a mantenere intatta la sua reputazione, dal packaging alle interviste al CEO, dallo spot istituzionale al post per la festa della mamma. E per far questo serve una chiara strategia di medio/lungo periodo, on line e off line. Relazione e coerenza, con una promessa che il brand può mantenere. Il dialogo diviene reale, efficace, vero. Non è un caso che ClubHouse abbia visto, per ora, ancora poche case history: è un social senza rete di protezione, c’è bisogno di una strategia di lungo periodo, una community salda e un messaggio chiaro. E, chiaramente, di un’idea. Si torna sempre all’idea. Se c’è un’idea, in qualunque modo essa prenda forma, riuscirà a parlare a tutti i target che si è prefissata, su ogni tipo di piattaforma.

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